Attacchi di panico

Ci sono momenti in cui l’ansia e la paura si manifestano in maniera totalitaria, sconfinando nell’esperienza del panico.
Quando parliamo di “attacco di panico” intendiamo una forma acuta e improvvisa di angoscia che, pur avendo durata relativamente breve, produce sensazioni intense, urgenti, drammatiche. Il panico mette in primo piano il corpo – un corpo che sembra sfuggire ad ogni controllo e che “urla” il dolore attraverso particolari sintomi fisiologici: un forte senso di soffocamento, tachicardia, intensa sudorazione spesso associata a sensazioni di freddo, vertigini, tremore, dolore o fastidio al petto, nausea.

Questi sintomi possono essere accompagnati da un vissuto di paura travolgente o di autentico terrore, che mette a dura prova i confini di sé. La persona può vivere una sensazione di morte imminente o avere paura di impazzire.

Nella maggior parte dei casi l’attacco di panico si scatena all’improvviso, in modo misterioso e incomprensibile per chi lo prova. Sembra venuto fuori dal nulla, privo di fattori scatenanti, un po’ come “un fulmine a ciel sereno”, un’ “onda anomala” che in pochi minuti travolge e sconvolge il Sé.

La ricerca di aiuto solitamente è immediata e con tutti i caratteri dell’urgenza medica. Non è infrequente, ad esempio, che la persona si rivolga in prima istanza al Pronto Soccorso pensando di avere un principio di infarto. Quando, tuttavia, gli esami diagnostici non riscontrano alcuna patologia organica, spesso ciò che si prova è un terribile sgomento: “ma allora che cos’ho? Cosa mi è successo? Perché l’attacco di panico se non ho alcun problema organico? Succederà ancora?”.

A poco servono le valutazioni razionali o le rassicurazioni di parenti e amici; anzi talvolta esse aumentano i vissuti di inadeguatezza e di vergogna. Infatti, la persona che ha vissuto un attacco panico tende a percepirsi in maniera molto diversa “da prima”: può temere di non essere più se stessa e di non avere più la stessa tenuta. Può perdere fiducia in se stessa. Di tanto in tanto il ricordo dei drammatici momenti passati riaffiora alla mente, insieme alla paura che tali episodi si possano ripresentare. La preoccupazione di dove e quando avverrà il prossimo attacco di panico non dà tregua.

Comincia allora l’evitamento dei luoghi in cui si teme possa avvenire la nuova crisi: piazze, centri commerciali, ascensori, mezzi di trasporto. La strategia del sottrarsi tuttavia si rivela poco efficace e troppo limitante: i luoghi da cui rimanere distanti possono infatti diventare sempre più numerosi, con una progressiva limitazione del proprio spazio vitale e della propria libertà.

Che cosa si può fare allora quando si soffre di attacchi di panico? È importante considerare il panico innanzitutto come un segnale di allarme, che in quanto tale va colto e accolto. Esso può essere pensato come una comunicazione di cui ancora non si conosce il significato: è necessario prendersi un tempo per comprendere meglio ciò che è accaduto e “risalire alle radici” del problema.

Il panico, a ben vedere, contiene in sé un messaggio di frenata: l’invito a rallentare, a fermarsi, a riprendere il fiato: “come mai si è verificato proprio ora? E che significato ha nella mia vita?”.
La dinamica degli attacchi di panico non è riconducibile ad un’unica chiave di lettura: ha peculiarità uniche, come unica è la storia di ogni persona.
Per questo motivo, chi soffre di attacchi di panico può trarre beneficio da un trattamento integrato che affianchi all’intervento farmacologico un percorso di psicoterapia.

E’ la psicoterapia in particolare che può permettere una maggior conoscenza del proprio funzionamento interno, consentendo di ristabilire il collegamento tra le proprie emozioni ed eventi percepiti come inspiegabili ed esterni, sostenendo inoltre il recupero di quell’affetto vitale di base – la “fiducia in se stessi” – che consente di avventurarsi nel mondo con sufficiente libertà e sicurezza.